Recensione: Out Of The Freakshow

Di Simone Volponi - 4 Maggio 2016 - 10:00
Out Of The Freakshow
Band: Cirrha Niva
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2016
Nazione:
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80

C’era grande curiosità per la nuova fatica discografica targata Cirrha Niva, band progressive olandese già messasi in mostra con il precedente “For Momente Never Done”, restando però ancora nel limbo dell’underground. Con Out of the Freakshow i nederlandesi tentano, dunque, il grande salto e le possibilità di riuscirci sono più che buone.

La band si presenta con un prog che non cerca mai la via del ritornello facile, come fanno colleghi ben più famosi, ma ci “costringono” a seguirli attraverso intricati arrangiamenti e passaggi tutt’altro che immediati, consumati all’interno di pezzi dalla durata mdio-lunga. L’impianto strumentale è un’ottima commistione tra Nevermore, Dream Theater e Pain Of Salvation, arricchita dalla performance del bravo vocalist Legrand, a metà tra Geddy Lee dei Rush e Daniel Gildenlöw degli stessi PoS. Anche i compagni dell’istrionico cantante non sono da meno: Rob Willemse e Carlo Heefer alle chitarre fanno un gran lavoro, tra assoli, riff ficcanti e passaggi acustici, senza perdersi in inutili sbrodolamenti e virtuosismi fini a sé stessi, accompagnati dalla puntuale e precisa sezione ritmica composta da Micheal Steenbekkers al basso e Robert Van Kooij alla batteria.

I Guess” introduce il viaggio musicale con un benvenuto recitato a mo’ di circo da parte di tal Mr. Gold, che interverrà con altre parti parlate nel corso del brano. L’influenza dei Rush si fa sentire, mentre il refrain è accompagnato da un coro barbaro degno di una band viking, e subito riusciamo a apprezzare tutta la bravura di Legrand e una produzione fai da te davvero di livello. Segue la lunga “From Ego” articolata e dai toni più cupi (e qui si sente l’influenza Nevermore), graziata da un prezioso assolo centrale e un Legrand a suo agio anche su tonalità alte. “24\7 Smile“, traccia anch’essa lunga e per niente immediata, cambia ancora lo scenario, aprendosi con chitarre acustiche e un sapore apparentemente più allegro, con i Rush di nuovo come faro da seguire, mantenendo comunque la propria identità. I quasi nove minuti di “Afraid To Bleed” sono forse il meglio che i Cirrha Niva ci offrono in Out Of The Freakshow, con vorticosi passaggi strumentali dove le chitarre disegnano assoli degni dei migliori Dream Theater, Legrand a svettare con acuti non da poco, e l’intervento nel finale struggente dell’ospite Lisette Van Den Berg (Scarlet Stories) per portare il tutto in fondo a un climax da brividi, dove sarà un arpeggio acustico a sfumare questo che è l’highlight assoluto del disco.

Silver Tongues” convince di meno rispetto al resto, guidata da chitarre acustiche dal tono folk, mentre piace la più cattiva “Time” che non si nega un riffone duro, una batteria a doppia cassa, e dove anche l’atteggiamento vocale di Legrand si fa più severo, vicino a Warrel Dane dei Nevermore. Un tenue pianoforte apre “Reprise Of A Beatiful Day”, brano strumentale dai toni dolenti che mette in luce, se ancora non fosse bastato, la perizia tecnica della band e la bravura dei due chitarristi. Chiude la lunga (quasi dodici minuti) “Just Another Legacy” dove troviamo ospite Devon Graves (Deadsoul Tribe, The Shadow Theory), che porta in dote il proprio timbro particolare oltre al flauto, utile a caratterizzare l’ennesima ottima composizione, stavolta più lineare del solito, e con un finale da antologia.

I Cirrha Niva non sono certo una band facile, né vogliono esserlo, ma lasciano all’interno di ogni brano di questo Out Of The Freakshow più di uno spunto, più di un passaggio a effetto e di una melodia, seminandoli come pezzi di un puzzle musicale che una volta messo insieme, con l’attenzione e la cura meritata, si rivela un piccolo capolavoro. È un disco che cresce a ogni ascolto, ronzandoti dentro, dando la voglia di andare a riascoltare il bellissimo lavoro delle chitarre, davvero scintillanti, e la più che convincente prova di un cantante meritevole di attenzione. Una band da seguire nel futuro, si spera, brillante che l’attende.

 

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