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Epica (Mark Jansen & Simone Simons)

Di Roberto Gelmi - 24 Maggio 2014 - 9:30
Epica (Mark Jansen & Simone Simons)

Lunga intervista con Mark Jansen e la soave Simone Simons, che non risparmiano dettagli sul nuovo album targato Epica, The Quantum Enigma, e rivelano lati inediti della band olandese. Immergetevi nella lettura per scoprire di tutto e di più, tra metal, filosofia, musica d’arte e cinema!

 

 

Benvenuti sulle pagine di Tuemetal, è un vero onore farvi qualche domanda circa il vostro recente album e conoscere nuovi aspetti della vostra musica. Siete soddisfatti del risultato finale di The Quantum Enigma?

Mark: Più che soddisfatti a dirla tutta… ed è qualcosa che trova concordi tutti i membri della band. Questo album è il risultato di uno sforzo di gruppo: abbiamo lavorato duramente per migliorare le canzoni composte da ciascuno, avendo capito che per fare un passo in avanti era necessario lavorare più strenuamente di quanto fatto in passato e con nuove persone coinvolte. Abbiamo infatti contattato un nuovo produttore, un nuovo tecnico del missaggio, insieme a un coro più numeroso e una corposa sezione d’archi.

Il titolo dell’album include parole derivate dal latino e dal greco: “enigma” viene da α?νιγμα (discorso oscuro che può essere compreso con difficoltà); “quantum” da quantus (un aggettivo indefinito latino). Già nel pronunciarlo si annuncia un altro sontuoso album targato Epica, vero?

Mark: Sì, concordo. Il titolo suona maestoso e suscita interesse per l’album ancor prima di averne ascoltata una singola nota. Il titolo è un aspetto molto importante, una cattiva scelta può pregiudicare il successo di un album. Tutto inizia con un titolo possente e questo, devo dire, si adatta alla perfezione con la musica.

Ho studiato anche latino all’università; i testi, scritti in questa lingua, presenti nell’album sono ben composti, ma la pronuncia tedesca (o pronuncia classica) è sempre atipica per un ascoltatore italiano. Tamen admiror vos etiam latine canentes: Europae fundamentum hac clara lingua est! Itaque multum solemnis miraque musica vostra sonat, quomodo has partes textuum scribitis? (traduzione per i Truemetaller: “D’altra parte vi ammiro perché cantate anche in latino: questa celebre lingua è fondamento dell’Europa! La vostra musica, di conseguenza, suona solenne e mirabile, come scrivete queste parti dei testi?”)

Mark: Ci sono diversi modi di pronunciare il latino, a seconda dei nostri professori. Quando, però, fai una scelta devi restare coerente. Non ho mai studiato latino, ma suona fantastico per il coro e così ci occupiamo di testi in latino, che sviluppiamo con l’aiuto di Gjalt Lucassen (fratello di Arjen “Ayreon” Lucassen) e Jaap Toorenaar. Io ho studiato psicologia, quindi, se vuoi, posso dirti qualcosa in questo campo!

Tornando seri, c’è una massiccia presenza di arrangiamenti corali, ma non parti in humming (cantato a bocca chiusa) come nell’inizio di “Delirium”, a mio avviso uno dei migliori momenti di Requiem of the indifferent. si tratta di una scelta ponderata?

Mark: Facciamo quello che le canzoni ci chiedono per quanto riguarda i cori. Non è una scelta, avviene così! Coen (Janssen, n.d.r.) si occupa del coro e, nonostante questo, le melodie sono spesso scritte dal compositore della canzone, il quale conosce sempre come aggiungere qualche elemento a effetto. “Delirium”, però, è un brano dello stesso Coen, perciò la melodia è tanto ben composta quanto arrangiata da Coen stesso.

 

L’artwork del nuovo album mi ha ricordato lo stile dei Therion, la band svedese guidata da Christopher Johnson: siete anche voi fan della loro musica nell’anno della ristampa del capolavoro Theli?

Mark: Amo molto alcuni dei loro vecchi album come Theli e Vovin, ma dopo di questi non ho più seguito la band. L’artwork è opera di Stefan Heilemann, cui abbiamo dato i testi da leggere e una breve descrizione dell’album, il resto l’ha fatto lui. Gli concediamo la maggior libertà possibile per arrivare al suo meglio. È la mia copertina preferita degli Epica (e come la mettiamo con quella di The Divine Conspiracy?! n.d.r.)

Ci sono alcuni ospiti speciali in The quantum enigma. Non penso di essere il primo ad affermarlo, ma lasciami proprio dire quanto la prova di Marcela Bovio sia incredibile. La sua voce dona un non so che di originale al sound degli Epica, mi sbaglio?

Mark: Sono dello stesso avviso, Marcela ha una grande voce ed è un piacere lavorarci assieme. Visto che volevamo cambiare alcuni aspetti del nostro sound abbiamo collaborato con alcune nuove persone. In passato le voci secondarie erano affidate ad Amanda Somerville, ma dopo il cambio di produttore, quest’ultimo (Joost van den Broek) ci ha suggerito di lavorare con Marcela ed è parsa un ottima sinergia.

 

 

Ricordo un concerto degli Stream of Passion vicino Milano nel 2006: c’era anche Arjen Lucassen sul palco! Marcela ha cantato in The Human Equation, Simone, in 01011001, nella canzone “Web of lies” insieme a Phideaux Xavier. Più recentemente gli Stream of Passion hanno aperto per gli Epica durante il vostro ultimo tour: conoscevate già Marcela tramite la collaborazione con gli Ayreon?

Mark: La conosco sin dall’inizio del tour che abbiamo intrapreso insieme, prima mi era nota solo la sua voce. Ora la considero un’amica. Sul palco ci aiuta regolarmente anche con i MaYan (la mia altra band).

Le parti di batteria suonate da Ariën van Weesenbeek sono ancora una volta impressionanti, siete sicuro che nell’album non figuri una drum-machine?

Mark: Ogni tanto anche noi ci facciamo la stessa domanda haha, ma non è ancora una macchina! Conosco pochi batteristi così compatti e talentuosi come Ariën. Chiunque l’abbia visto dal vivo sa che può riproporre on stage ogni cosa suonata su album. Siamo fortunati ad averlo con noi.

Ci sono meno virtuosismi di chitarra e tastiera rispetto al passato, ma tutti gli assoli sono soddisfacenti: vi siete concentrati di più sulle armonie e il sound nel suo complesso?

Mark: Non concordo con te, mi ci è voluto più tempo del dovuto per imparare tutte quelle parti di chitarra. Lo scorso fine settimana ho parlato con Isaac (Delahaye, secondo chitarrista, n.d.r.) proprio di questo aspetto e anche lui ha ammesso che ha faticato per imparare le sue parti. Una possibile spiegazione, tuttavia, è che non abbiamo composto niente allo scopo di suonare virtuosi. La singola canzone in sé è più importante e tutto è scritto per sostenere la forza del singolo pezzo. Concordo per il discorso riguardo alle tastiere, ci siamo concentrati  maggiormente su melodie robuste, ad esempio quando abbiamo scritto “The Phantom Agony”. Melodie robuste sono la base di una canzone robusta, nella misura in cui la gente ama continuare a cantarla

Joost van den Broek e Jacob Hansen hanno svolto un lavoro sopraffino nel missaggio dell’album; penso sia il miglior risultato mai ottenuto per la vostra band, sbaglio?

Mark: Sì, penso di sì. Il disco suona heavy quando dev’essere heavy e vivo quando dev’essere vivo. È un perfetto bilanciamento. È, inoltre, quello che avevamo in mente e siamo felici che il risultato rispecchi la nostra idea iniziale. Questi due uomini hanno svolto un lavoro sorprendente.

 

Ora vorrei spendere un po’ di tempo circa i testi di The Quantum Enigma. Le vostre liriche parlano delle condizioni attuali del nostro mondo evoluto, in tempi di crisi etica ed economica. In passato il grande filosofo tedesco Hegel ebbe parole entusiastiche circa l’incredibile tecnologia olandese, riferendosi in particolare ai polder che duellano con il livello del mare. Pensate che la scienza umana (intesa come la τ?χνη degli antichi greci) sia del tutto corrotta alle sue fondamenta oppure abbia un lato positivo?

Mark: Non penso che la scienza sia corrotta in assoluto. Il problema, però, è che spesso c’è una certa tendenza al mono-prospettivismo. Molti scienziati non riescono a vedere oltre la superficie e non possiedono abbastanza immaginazione per pensare fuori dalle proprie pareti mentali, di conseguenza sono inchiodati in vecchi modi di pensare e stereotipi. Per andare oltre tale visione ristretta scrissi già in “Kingdom of Heaven pt. I” che la scienza e la spiritualità devono incrociarsi lungo la via della conoscenza. Intendo dire che la scienza deve ampliare le proprie vedute verso temi come le esperienze di morte apparente, le esperienze extracorporee, la telepatia e affini. Non le possiamo chiamare semplicemente “miracoli”.

Il messaggio che provate a trasmettere lungo la durata dell’album non è del tutto pessimistico, c’è un barlume di speranza che brilla tra le righe, è giusta la mia interpretazione?

Mark: Direi che “Requiem for the Indifferent” era un album pessimista, anche se non del tutto, c’era un filo di speranza. The Quantum Enigma penso sia un album più ottimistico del precedente, sia per quanto riguarda la musica sia per i testi.

Albert Einstein affermò: «Dio non gioca a dadi con l’universo». La fisica quantistica non elimina il nostro libero arbitrio, ma al giorno d’oggi la gente l’associa al relativismo, perché succede questo, a tuo avviso?

Mark: Si tratta di una delle questioni più spinose a livello scientifico. Fino a che punto siamo liberi nel compiere le nostre azioni? Siamo davvero liberi di decidere cosa fare o tutto è già determinato? Abbiamo tutto sotto controllo, oppure viviamo all’interno di un qualche film, nel quale possiamo solo “esperire” ogni cosa e avere unicamente l’illusione di poter cambiarne il finale? Sono certo che nulla è come sembra, il mondo così come lo conosciamo è mera energia di cui facciamo esperienza attraverso la materia solida. Ritengo che chiunque intenda la questione all’incirca in questo stesso modo, ma tutti noi la viviamo in maniera diversa per via del nostro retroterra e delle differenze culturali.

Puoi spendere qualche parola nel commentare i testi di “The second stone”? Trasudano tristezza: «All that is left is a cross that’s mine to bear / A cruise with no ending drenched in anxiety» (“Tutto quanto è rimasto è una croce che mi tocca portare / un viaggio senza fine intriso di ansietà”).

Simone: “The second stone” tratta del morbo d’Alzheimer. Chi soffre di questa malattia muore due volte: anzitutto come persona e poi sopraggiunge la morte fisica. Una mia nonna e una di Oliver (Palotai, attuale tastierista dei Kamelot e fidanzato di Simone, n.d.r.) hanno sofferto di demenza e Alzheimer.

In “The essence of silence” c’è qualcosa di paradossale già a partire dal titolo: come si può ritrarre il silenzio nella (vostra) musica? Inoltre ci sono alcuni elementi djent in questa canzone, vero?

Mark: Nella musica non è possibile ci sia il silenzio (vabbé, il bravo Mark qui pecca di faciloneria, dove le mettiamo le pause? n.d.r.), ma la musica può sempre trasmettere un messaggio attraverso i testi. Il messaggio è che il silenzio è una grande alternativa al costante flusso di pensieri che scorrono nella nostra mente. Non siamo i nostri pensieri; la nostra essenza, la nostra vera identità non sono questi pensieri. Essi sono guidati solo da un filtro culturale e dall’esperienza. Non si fermeranno mai se prestiamo loro troppa attenzione; possiamo, tuttavia, decidere di ignorarli. I pensieri possono essere come una droga!
Circa la seconda parte della domanda, non siamo riscorsi volontariamente a sonorità djent, ma se il pezzo presenta queste affinità, forse lo abbiamo fatto inconsciamente, haha.

 

L’inizio di “Sense Without Sanity” assomiglia a quello di “Leaden Legacy”, opener di Prison of Desire (storico primo album targato After Forever), è solo una coincidenza? In questo brano si parla di vita e morte e del tema ricorrente, in Occidente, dell’origine: «Our perspective on birth / Defines how we honor life / […] Our perspective on death / Defines how we spend our days / […] We’re searching for the origin / Dig deeper, where we’ve never been» (“La nostra prospettiva circa la vita / definisce il nostro modo di onorare la vita / […] La nostra prospettiva sulla morte / definisce il nostro modo di spendere I nostri giorni / […] Siamo in cerca dell’origine / Scavando sempre più in profondità, dove non siamo mai stati”). Gli Epica sono sempre stati una band “filosofica”, non è così?

Mark: Sì, è una coincidenza. Giorni fa ho letto una recensione, dove si paragonava questo pezzo ai Within Temptation, cosa che mi ha sorpreso non poco, devo ammettere. Ho scritto io “Leaden Legacy”, perciò è il mio stile, ma non vedo proprio un collegamento con i Within Temptation.
Per venire alla seconda questione, certo siamo sempre stati “filosofici”. Vogliamo che le persone discutano della nostra musica, senza far tacere le proprie idee circa il nostro sound e i testi. Giusto uno stimolo per iniziare a riflettere.

“The Fifth Guardian” è un soprendente interludio alla terremotante “Chemical Insomnia”. Il vostro sound non ripudia certi echi orientaleggianti (possiamo menzionare brani come “Seif Al Din”, “Fools Of Damnation”, “Martyr Of The Free World”) e, altresì, il vostro primo moniker era Sahara Dust. Continuerete con questo genere di sorprese?

Mark: Grazie mille! Non sappiamo ancora dove ci porterà il prossimo album. Componiamo quanto la nostra ispirazione ci suggerisce, ma c’è un’alta probabilità visto che amiamo le melodie orientali.

“Chemical Insomnia” parla della dipendenza da sonniferi e droghe, piaga della nostra società del benessere: attorno allo stesso tema i Delain hanno scritto, nel loro ultimo album, una canzone intitolata “Your Body is a Battleground”. C’è una visione convergente su questo tema negli ultimi anni, come mai in passato?

Mark: Anche “Chasing the Dragon” e “Incentive” sono canzoni, scritte da noi in passato, che affrontano il problema della dipendenza, perciò non è un tema maggiormente presente oggi nelle nostre liriche. È successo così e se i Delain hanno scritto testi circa la stessa questione è una pura coincidenza.

“Reverence – Living in the Heart” è una composizione totalmente anti-cartesiana: «Don’t let it burn you down / Live in the heart / Experience the now […] / You’re not your thoughts» (“Non lasciare che ti consumi / Vivi col cuore / Sperimenta il presente […] / Tu non sei i tuoi pensieri”).

Mark: Sì, qualche volta dobbiamo compiere una conversione notevole per tornare alla nostra essenza. Non oserei dire che in passato ogni cosa era migliore; abbiamo oggettivamente compiuto un incredible progresso in molti campi, ma nei restanti abbiamo preso una direzione sbagliata.

Nel brano “Omen – The Ghoulish Malady”, il ritornello «Together we’ll be strong / To defy all that can’t bring us down» (“Insieme saremo forti / Per sconfiggere tutto ciò che ci umilia”) si riferisce anche al duo Simons-Bovio? In tal caso la traccia sarebbe ancor più interessante.

Mark: È una lettura forzata e interessante haha, tuttavia il brano non è stato scritto avendo in mente tale aspetto. L’idea dietro al testo è che ognuno di noi deve affrontare grandi delusioni nella vita e condividendo il nostro dolore possiamo renderle più tollerabili e rafforzarci.

 

 

“Canvas of Life” è un’altra splendida ballad targata Epica, i testi sono pura poesia! Perché non ci sono altre balalte nell’album? Penso che la vostra proposta musicale guadagnerebbe in ecletticità, mostando non solo le vostre capacità tecniche su velocità sostenute…

Mark: Abbiamo scritto un’altra ballad, ma è finita per diventare una bonus track (“Dreamscape”, n.d.r.). Abbiamo pensato che una sola ballad fosse sufficiente per l’equilibrio del disco. Ho letto una (bella) recensione dove si dice che una ballata è già troppo per un nostro album. Non puoi mai fare la cosa giusta per tutti, quindi penso che il brano stia bene. Parti di “Sense without Sanity”, ma anche “The Fifth Guardian” e “Omen” sono momenti di riposo lungo l’album. Mostrare quanto siamo bravi tecnicamente non è mai stato un nostro obiettivo, ma ciò non toglie che restiamo una band metal e vogliamo comporre soprattutto canzoni pesanti piuttosto che ballad, anche se amiamo questo genere di composizioni.

La lunga title-track con tanto di didgeridoo (e glockenspiel nel finale) è la summa del vostro sound attuale. Qui parlate della vastità dell’universo e del microcosmo, sono forse queste le ambizioni future degli Epica: continuerete a evolvere verso la perfezione?

Mark: Sì, finché sentiremo di poter imparare, migliorandoci ed evolvendo in meglio, continueremo a farlo. Avevamo proprio bisogno di The Quantum Enigma a questo punto della nostra carriera. Siamo davvero fieri di questo album. Alcuni pensano che non riusciremo più a eguagliare i livelli di Design Our Universe, ma questo disco regge un confronto con il platter del 2009.

Ho apprezzato il tributo ad Antonio Vivaldi e Giovanni Battista Pergolesi, durante il concerto filmato per il decennale della band (Retropect). Il compositore delle “Quattro Stagioni” è un gigante della musica d’arte; lo “Stabat Mater” di Pergolesi è un capolavoro che impressionò, prima di noi, anche J. S. Bach. Avete proposto questi tributi anche in The classical Conspiracy, insieme al “Dies Irae” di Giuseppe Verdi. Il vostro amore per la musica colta italiana è evidente: pensate in futuro di considerare altri compositori come Arcangelo Corelli, Tomaso Giovanni Albinoni o altri ancora?

Mark: Chi lo sa, ci sono tanti grandi compositori italiani. Puccini, ad esempio, e anche la leggenda del cinam Ennio Morricone. In questo periodo mi sto confrontando con la musica italiana come mai prima, poiché la mia ragazza è una cantante d’opera italiana.

Sei fiero delle tue origini olandesi’ Non so perché, ma tendo ad associare la vostra musica con i quadri dei grandi pittori fiamminghi del Rinascimento (su tutti Jan Van Eyck e Rogier Van der Weyden). Forse è la vostra attenzione per i dettagli (musicali), oppure la mescolanza di growl (lato dionisiaco) e voce femminile (lato apollineo). Di certo l’Olanda è il paese del buon metal gotico, sbaglio?

Mark: I nostri pittori storici sono migliori dei nostri musicisti, haha (e che fine fanno mostri sacri come Josquin Desprez, Johannes Ockeghem e altri? n.d.r.). Sono davvero orgoglioso delle mie radici olandesi. Qui sono nato e qui tornerò sempre, ma mi sento a casa anche in Sicilia, dove vivo ora. Abbiamo, inoltre, molte buone band nei Paesi Bassi ed è un altro aspetto di cui esseri fieri.

 

 

Ora qualche domanda per Simone. Puoi rivelarci qualche dettaglio circa il nuovo capitolo della metal-opera Avalon di Timo Tolkki? Com’è stato cantare per questo progetto?
 
Simone: Timo mi chiese di far parte della sua metal-opera già tempo fa, ma non funzionò per mancanza di tempo; questa volta ho potuto liberarmi. Ho registrato le mie parti vocali ai Sandlane Studios (nel sud dell’Olanda, n.d.r.) assieme a Joost (van den Broek, n.d.r.), dove abbiamo registrato anche The Quantum Enigma. Interpreto alcune parti di due canzoni, “Angels of The Apocalypse” e High “Above Me”. In quest’ultimo brano canta, cosa davvero carina, anche la mia amica Elize (Ryd, cantante degli Amaranthe, n.d.r.).

Ho letto in Internet che ami il cinema, la “settima arte”: non hai mai pensato di fare l’attrice, assomigli alla meravigliosa Jessica Chastain (nel cast di The Tree of Life, The Help, Lawless, Zero Dark Thirty)!

Simone: Prima di tutto, grazie del complimento. L’attrice che citi è stupenda, ma anche se alcuni dicono che ci assomigliamo, non capisco il perché. Recitare è qualcosa che non mi vedo proprio fare: molto probabilmente inizierei a ridere tutto il tempo, non riesco a restare seria.

Qual è il tuo genere filmico preferito, ti piace, per caso, lo stile idiosincratico di Wes Anderson? Ho visto recentemente Grand Budapest Hotel e l’ho trovato un altro capolavoro d’ironia ed estetica. Conosci, infine, La grande bellezza di Paolo Sorrentino, vincitore dell’Oscar come miglior film straniero lo scorso marzo?

Simone: Sono una grande fan di Tim Burton, quasi tutti i suoi lavori sono i miei film preferiti. Tim è Danny (Elfman, compositore di colonne sonore, che ha collaborato a più riprese con Tim Burton, n.d.r.) sono il mio team da favola. Vorrei, invece che recitare, cantare in una colonna sonora prima o poi.
Non ho visto né l’ultima pellicola di Wes Anderson, né quella di Sorrentino, le scoprirò!

Saresti interessata a comporre un album completamente differente da lidi metal? Il tuo progetto jazz è definitivamente naufragato?

Simone: Il mio progetto jazz è più vivo che mai e ci stiamo lavorando proprio in questi giorni. Sarà un progetto contenuto e circoscritto alla Germania e all’Olanda.

 

 

Concludiamo con la domanda di rito: quali sono i vostri piani per il prossimo tour, sarete in Italia?

Mark: Suoneremo sicuramente a Milano lunedì 24 e martedì 25 novembre; c’è poi un ulteriore evento in dirittura d’arrivo (la data è stata svelata, gli Epica saranno in quel di Firenze, mercoledì 30 luglio all’Anfiteatro delle Cascine n.d.r.)

Ti lascio la parola per chiudere l’intervista, di’ ciò che vuoi ai nostri lettori…

Mark: Non vediamo l’ora di essere nuovamente in Italia, prima di allora godetevi The Quantum Enigma!!!

 

Sito ufficiale degli Epica

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