Folk - Viking

Intervista Wardruna (Einar Selvik)

Di Nicola Furlan - 21 Dicembre 2020 - 9:12
Intervista Wardruna (Einar Selvik)

La tradizione che consiste nell’andare in uno spazio diverso e cercare suoni, ispirazioni e risposte è estremamente antica. È un modo di espandere il proprio sapere. Camminare nella natura è la mia musa, così come la mancanza della natura stessa: trovo che il desiderio di ambienti primordiali sia un potente mezzo di ispirazione. Quando sei lontano da casa provi nostalgia e, in un certo senso, ti ci senti più vicino.

(Einar Selvik)

Intervista a cura di Antonio ‘Grey Star’ Saracino

In attesa dell’imminente pubblicazione dell’album “Kvitravn”, ci è stata concessa la possibilità di assistere ad una presentazione in diretta Zoom da parte di Einar Selvik, mastermind dei Wardruna. La presentazione dell’album è costruita come un’intervista online in diretta, intermezzata da performance in versione scaldica di alcuni brani dell’album.
Buona lettura!

Si parte subito con una versione “unplugged” di Muninn, tratta dall’album in arrivo a gennaio. Dopo le dovute introduzioni, il moderatore inizia subito questa specie di conferenza stampa via Zoom.

Cosa significa Kvitravn per te?
Il corvo rappresenta un’entità messaggera, mentre il colore bianco si rifà ad un fenomeno globale di molte culture diverse. Animali bianchi come leoni, volpi, renne, tigri ecc. hanno spesso proprietà profetiche nelle leggende che li riguardano e rappresentano spesso qualità positive come la speranza.

Cosa ti ha ispirato nella creazione di questo album?
Dopo la trilogia runica, ho sentito come una sensazione di vuoto. Un mix di sollievo, depressione e vuoto, più precisamente. Nonostante il nuovo album abbia come punto di riferimento la stessa natura che si ritrova nella trilogia precedente, ho cercato di dargli una spinta più personale. Gran parte di questo trova i suoi punti di riferimento nella sfera umana.

Raccontaci qualcosa sul processo della creazione dell’album. Quanta influenza hanno avuto, ad esempio, il paesaggio, la connessione con la natura e la distanza dal frenetico mondo moderno?
La tradizione che consiste nell’andare in uno spazio diverso e cercare suoni, ispirazioni e risposte è estremamente antica. È un modo di espandere il proprio sapere. Camminare nella natura è la mia musa, così come la mancanza della natura stessa: trovo che il desiderio di ambienti primordiali sia un potente mezzo di ispirazione. Quando sei lontano da casa provi nostalgia e, in un certo senso, ti ci senti più vicino. Per quanto riguarda il processo di scrittura della musica, è un processo molto lungo e la mia musica è creata nell’arco di molto tempo. Tutto ciò che posso fare è essere paziente. Lascio che le mie canzoni mi portino dove vogliono.

La sacralità degli elementi naturali sembra essere un fulcro dell’album.
Assolutamente, la natura è sacra e ciò viene, purtroppo, spesso dimenticato. Si tratta di una sacralità che può essere applicata da tutte le persone, indipendentemente dalle credenze personali. È qualcosa che accomuna tutti.

La pandemia ha avuto un ruolo nella maniera in cui ti sei approcciato all’album? Ti ha dato un nuovo punto di vista?
Beh non completamente nuovo. Diciamo che ha confermato ciò che penso sul rapporto tra uomo e natura, cioè che se la portiamo all’esasperazione ci si ritorcerà contro. L’uomo deve imparare a vedersi come parte della natura.

Dicci qualcosa in più su chi altro ha partecipato all’album!
Lindy Fay Ella è stata una parte importante del processo creativo. È una forza della natura ed ha un modo molto unico di esprimere sé stessa. Anche Leif, che ha suonato tutti gli strumenti a fiato, è stato estremamente importante. In realtà tutti i musicisti, provenienti da ogni parte della Norvegia, hanno avuto ed hanno ruoli chiave non solo nell’album, ma anche riguardo la preservazione di questo modo di suonare.

Mi sembra chiaro che tu tragga ispirazione sia dalle foreste che dai libri. Come combini questi due elementi?
Il mio approccio è molto intuitivo e ad orecchio, uso infatti molto i miei sensi. L’ispirazione proviene quindi da elementi provenienti da tutto ciò che mi circonda. Quando torno in studio dal mio girovagare cerco di mettere in note quello che ho provato. (non proprio una risposta alla domanda ma vabbè – mimmo)

(Osservando i vari strumenti musicali nella stanza) Sembra che tu ti trovi in un museo! Puoi dirci qualcosa di questi strumenti?
Li adoro tutti, ci sono alcuni nuovi strumenti nel nuovo album che fanno parte della stessa famiglia. Ci sono svariati tipi di lire, arpe e flauti. Quando ho iniziato a suonarli ho usato un approccio “infantile”, nel senso che mi sono sentito e comportato come un bambino con i suoi giocattoli. Ho esplorato la voce stessa degli strumenti, piuttosto che usarli per le mie idee.
[Segue presentazione del prossimo brano] Questo brano si chiama Song of the Spirit Weavers. In “Kvitravn” sarà in versione completa, ma per brevità ne suonerò solo un pezzo. È una canzone che parla delle Norne, le divinità nordiche del fato, e della concezione sia nordica che sami del destino come qualcosa di già scritto.

Domande dagli altri giornalisti…

Puoi considerare Kvitravn come l’inizio di un nuovo concept multialbum?
Potrei, ma non ho ancora deciso in realtà. C’è decisamente del potenziale in proposito. D’altra parte, “Kvitravn” potrebbe anche rappresentare il quarto album della trilogia precedente.

Puoi dirci di più sulla collaborazione con Assassin’s Creed: Valhalla?
Sì, è una collaborazione iniziata due anni fa. Ubisoft stava già utilizzando i miei pezzi come colonna sonora temporanea, e la loro idea mi piacque subito, visto che avevamo molto in comune. Abbiamo collaborato molto e creato qualcosa che è radicato nella realtà ma con molti spunti di fantasia.

Che tipo di ricerca fai quando devi consultare la letteratura specialistica?
Quando decido cosa trattare nei miei testi e con la musica, per me, il lavoro di ricerca è fondamentale. È quindi importante avere delle basi solide con cui cominciare. Una certa parte del lavoro è costituita da congetture, ma le fonti principali sono comunque importantissime. Per fortuna posso contare sull’aiuto di ricercatori, archeologi, filologi e musicisti di tutto il mondo. Fa uno strano effetto passare dalla modalità creativa a quella ricercatrice e viceversa.

Perché, secondo te, la gente reagisce così positivamente alla tua musica? C’è qualcosa che la tradizione può insegnarci nell’anno 2020?
Credo che ci sia molta gente che cerca qualche tipo di connessione con la natura che circonda. La tradizione norrena fu mantenuta viva per parecchio tempo, ci è quindi più vicina rispetto ad altre culture precristiane. Ci può insegnare molto, così come la storia può insegnarci molto dagli errori fatti nel passato. La tradizione nasce dalla natura e le mie canzoni sono un modo di riconnettercisi.

In quale maniera il clima norvegese ha influenzato il modo in cui scrivi?
La cultura basata sulla natura è sempre formata da ciò che la circonda, così come le mie creazioni. La musica nordica è spesso decisamente cupa e melanconica ma anche bellissima. Troviamo la bellezza nella malinconia e ciò che si riflette dal clima regionale.

Trai ispirazione anche da fonti contemporanee, ad esempio cultura pop?
Credo che qualunque cosa a cui vieni esposto ha la possibilità di influenzarti. Per me si tratta assolutamente di tutto: se mi piace qualcosa, mi ci lascerò influenzare. Può trattarsi sia di libri che di musica.

Puoi dirci qualcosa delle copertine?
Sì, il simbolo dei Wardruna è una combinazione di rune che formano, appunto, la parola Wardruna. Rappresenta la runa guardiana. La radice ru- rappresenta molte cose: la creazione del suono, segreto o conoscenza o una combinazione di queste cose.

C’è una connessione molto profonda tra la lingua e la tua musica, specialmente nelle versioni scaldiche delle canzoni. Come ti sei approcciato allo studio di questa lingua? Che consigli hai per qualcuno che voglia imparare? (domanda mia)
Ciò che ho voluto fare è stato interpretare la natura usando sia la lingua che gli strumenti, in maniera molto giocosa. Uso in realtà il mio dialetto, o, per meglio dire, il dialetto parlato dai miei bisnonni, combinato con norreno e norvegese. Lo studio è un processo continuo, non ho mai studiato “regolarmente” ma ho imparato da solo, seguendo la guida di alcuni filologi.

La risposta a questa domanda marca la fine dell’intervista. Einar si è dimostrato molto aperto nella risposta ad ogni domanda e non ha mai mancato di marcare l’importanza della natura primordiale in questo nuovo album, come sono certo nessuno mancherà di notare. Rimando dunque il lettore a gennaio 2021 per l’appuntamento con “Kvitravn”, nuovo album dei Wardruna!

Antonio ‘Grey Star’ Saracino