Recensione: The Devil’s Door
C’erano una volta gli Epidemic … Death/Thrash Band, proveniente da San Francisco, attiva tra il 1987 ed il 1994 (nella realtà già dal 1986 con il nome Death, che però ha dovuto giocoforza cambiare) e con tre album pubblicati (‘The Truth of What Will Be’ nel 1989, ‘Decameron‘ nel 1992 e ‘Exit Paradise‘ nel 1994).
Negli Epidemic cantava Carl Fulli che, dopo circa 30 anni di silenzio (giusto una comparsata nel primo demo del 1995 dei Killing Culture) ha deciso di ricalcare le scene mettendo su una nuova band.
Ha quindi raccolto un manipolo di musicisti con una buona esperienza nel campo della musica feroce (Scott Sargeant, che ha suonato nei M.O.D. di Billy Milano e nei Laaz Rockit, Lenno Lopez, batterista degli Incite, Kosta Varvatakis e Kevy Rojas, chitarristi rispettivamente degli Hatriot dei Fratelli Souza e degli Any Means Necessary) e con loro ha formato i Bleeding Edge.
‘The Devil’s Door’ è il loro primo EP, di quattro tracce, autoprodotto e disponibile dal 22 febbraio 2025.
Le coordinate stilistiche riprendono il senso artistico di Mr Fulli degli anni ’90, con un Death/Thrash Vecchia Scuola che porta alla mente soprattutto Slayer e Sepultura, ma anche il modo di concepire i riff dei primi Metallica e le atmosfere ottenebranti dei Death.
Il risultato è un tappeto sonoro a più trame, tessuto per mezzo di ritmi sostenuti anche quando non eccessivamente veloci e con un buon bilanciamento tra aggressività e pesantezza.
I brani sono relativamente “lunghi” (tra i 6 ed i 7 minuti e mezzo circa) ma mai prolissi e con una buona fluidità durante i cambi di scena, frutto di un’attività certosina, sia in fase compositiva sia in fase esecutiva, che ha prodotto un sound estremo mettendo sempre in evidenza la loro musicalità, evitando deragliate fuorvianti o troppo disturbanti.
Il lavoro di chitarra è sofisticato ma non sovrabbondante, con dei bei duelli tra asce in sede solista ed una ritmica densa quanto abrasiva, la batteria è piacevolmente martellante e la voce è graffiante al punto giusto, magari un po’ anonima ma efficace. C’è tutto, in poche parole, per sancire la buona qualità di questo EP.
Soprattutto c’è la produzione: chiara ma non pulitissima e neanche troppo compressa, proprio per richiamare quell’atmosfera malsana e sulfurea che imperversava durante il periodo che oggi chiamiamo Old-Scholl e di cui Carl Fulli è stato parte attiva.
Importante l’inizio sinistro e profondo di ‘Killing Mind’, che poi esplode in un vortice oscuro squarciato da brevi ma fatali lampi di luce.
‘The Devil’s Door’ ha una linea angosciante ma sempre dal gran tiro, con sequenze “rallentamento – accelerazione” dal forte impulso trascinante.
‘Frostbite’ è nuovamente velocissima, mentre ‘Cold Dead Hands’ ha un’andatura d’assalto pieno.
Concludendo, un lavoro completo che mette in luce una band dal gran potenziale e che speriamo voglia andare al di là del semplice progetto e dire qualcosa di più sostanzioso.
‘The Devil’s Door’ è stato prodotto da Scott Sargeant e mixato da Juan Urteaga (Testament, Machine Head) presso gli studi Trident. Da ascoltare a volumi impossibili!