Recensione: Cosmogonie

Di Alessandro Rinaldi - 30 Ottobre 2020 - 8:30
Cosmogonie
Band: Dysylumn
Etichetta: Signal Rex
Genere: Black 
Anno: 2020
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
85

Ci sono dischi che catturano la nostra attenzione immediatamente e altri che lasciano il segno, perché non sono solo album ma un’esperienza; e proprio le esperienze che maggiormente ci segnano sono quelle più difficili da raccontare per via dell’alto grado di coinvolgimento, perché dentro si vive un terremoto emotivo che blocca l’intelletto e apre il cuore. In “Cosmogonie” non c’è solo musica, ma molto di più.

Parliamo di un lavoro ricco di simbolismi, non soltanto nella musica. L’artwork è particolare, con in primo piano un vortice che potrebbe sembrare un buco nero che fagocita i pianeti. In realtà non si tratta di questo: il triangolo rovesciato rappresenta l’elemento acqua, ed il vortice è un chiaro riferimento al Maelstrom e soprattutto al cerchio della vita che tutto inghiotte, il cui centro coincide con quello del triangolo che racchiude il disegno. Meraviglioso.

La parola chiave di questo album è racchiusa nel numero tre, che nella numerologia simboleggia la creatività e la facoltà di adoperare al meglio la conoscenza acquisita. Tre, come gli album dei Dysylumn, tre, come gli atti di questo album e tre come le parti che compongono ciascun atto in cui è divisa questa meravigliosa opera. Un concept album che ruota attorno alla Genesi dell’Universo ma allo stesso tempo unisce il microcosmo al macrocosmo, la nascita, in Apparition, la crescita e la colonizzazione di altri mondi in Dispersion e la morte in Extinction.

L’album è strutturato in modo semplice: forza e potenza, prima nelle chitarre e successivamente nella ritmica, poi si rallenta, si dà spazio al cantato e si riparte con forza chiudendo il cerchio. Il tutto potrebbe sembrare ripetitivo, ma la grande opera dei Dysylumn sta proprio nel creare una varietà di suoni e di atmosfere andando oltre. Probabilmente alcuni pezzi potrebbero avere una durata inferiore, e di conseguenza sembrare ripetitivi, ma quando si inizia questo viaggio non si guarda l’orologio, perché gli oltre ottanta minuti di musica potrebbero sembrare insufficienti se paragonati alla vita dell’Universo.

I suoni si amalgamano molto bene, le chitarre spesso sono veloci e dal suono evocativo, la batteria, anche nelle sue accelerate mantiene un suono pieno e pulito; il basso, che spesso nel genere è lo strumento più sacrificato, gioca un ruolo importante dando più aria alla composizione, in modo particolare quando l’anima prog del gruppo emerge.

Si comincia con un’Intro dal sapore particolare, che ricorda parecchio i Sunn O))): suoni su frequenze a cui non siamo abituati, dal sapore primordiale, ma si intuisce che qualcosa sta per accadere. Ed è subito “Apparition”, i primi due atti esaltano le chitarre, veloci, salvo poi rallentare nella terza parte, che si aggancia a “Dispertion”, ovvero il momento in cui ogni strumento, ogni vibrazione, acquista più forza: è la maturità del ciclo della vita. Un interludio, interrompe il nostro viaggio nel tempo, quei suoni che abbiamo sentito all’inizio si fanno più oscuri, qualcosa è accaduto, non sappiamo cosa sia, sennonché è tempo di “Extinction”, il momento della fine di tutto, ed ora il nostro viaggio si fa più cupo e angoscioso, con una, ma solo a tratti, potenza e violenza maggiore, quasi a volerci suggerire come la fine (o la morte) possa essere un’esperienza più forte della vita.

L’outro che chiude questo percorso è l’antitesi del brano che l’ha aperta e al quale si ricollega e può far ripartire l’ascolto: è come se i Dysylumn volessero dirci che con la morte, non è la fine di tutto.

Questo disco, è un’esperienza consigliata a chi ama ascoltare i dischi con il cuore e non solo con le orecchie.

Ultimi album di Dysylumn

Band: Dysylumn
Genere: Black 
Anno: 2020
85