Recensione: Gorgoni

Di Stefano Ricetti - 30 Gennaio 2019 - 12:28
Gorgoni
Band: The Black
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2010
Nazione:
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85

 

 

“Volgiti ‘dietro e tien lo viso chiuso;

Ché se l’Gorgón si mostra e tu ‘l vedessi,

Nulla sarebbe di tornar mai suso”.             

Divina Commedia: Canto IX-Inferno. Virgilio, la guida di Dante Alighieri attraverso l’Inferno, invita il Sommo Poeta a non guardare la Gorgone Medusa negli occhi.

 

Con Gorgoni si chiude, per il momento – è atteso un nuovo album nel prossimo futuro – il ciclo delle recensioni dei lavori a firma Marius Donati su queste pagine web a sfondo nero. Di seguito le precedenti: Reliquarium (1989)/Infernus Paradisus et Purgatorium (1990), Abbatia Scl. Clementis (1993), Refugium Peccatorum (1995), Apocalypsis (1996), Golgotha (2000), Capistrani Pugnator (2004)/Peccatis Nostris (2004) e Requiem (2018).

Registrato presso gli studi Bess di Montesilvano (Pescara), l’album che vide la luce nel 2010 costituì un piacevole amarcord per Mario Di Donato, che così riuscì a tradurre in musica e testi le sue antiche pulsioni risalenti ai tempi delle scuole elementari, quando da bimbo si immerse per la prima volta nelle leggende della mitologia greca. In compagnia dell’inseparabile Black Widow Records il Cd si accompagna a un booklet di dodici pagine con tutti i testi, varie foto della band e disegni sparsi. La line-up schiera: Di Donato alla chitarra e alla voce, Enio Nicolini al basso e Gianluca Bracciale alla batteria. Al solito, affollata anche la platea degli ospiti presenti: il tastierista Davide Martinelli (“Troludium”), i coristi Chiara Pantalone e Domenico Agresta (“Perseus“), il chitarrista Fabrizio Cini (“Obscuritas“) per chiudere in bellezza cimiteriale con l’ex Death SS Thomas Hand Chaste, colonna del Metallo di Casa Nostra nonché autore del brano “Altamir“.

Nonostante le recensione faccia riferimento alla versione su dischetto ottico di Gorgoni, l’album possiede la particolarità di essere uscito in cinquantun esemplari only in edizione limitata con tre copertine telate leggermente diverse fra loro, a 33 giri, diciassette vinili per ognuna, nello stesso anno, il 2010. Una decisione presa di concerto fra la band stessa e Pino Pintabona, socio e grafico della Black Widow Records.

 

LE GORGONI

Steno, Euriale e Medusa sono le tre terribili sorelle che il mito greco ci descrive per il loro aspetto orribile: ali d’oro, mani con artigli di bronzo, zanne di cinghiale e serpenti al posto dei capelli.

La loro forza era tale che chiunque le avesse guardate direttamente negli occhi sarebbe rimasto pietrificato. Delle tre sorelle, quella più “famosa” è senz’altro Medusa.

Il mito narra che, per volere di Persefone, fosse la custode degli Inferi e che venne uccisa, secondo la tradizione, da Perseo con un abile stratagemma.

È noto infatti che l’eroe poté evitare lo sguardo della Gorgone riflettendone il volto sul suo scudo, dunque evitando di guardarla direttamente.

Ciascuna Gorgone rappresenta la perversione umana nelle sue tre forme: Euriale quella sessuale, Steno quella morale e Medusa quella intellettuale.

 

Come scritto all’interno del libro Ars Et Metal Mentis, dal quale è stata anche presa la definizione di cui sopra, le Gorgoni consentono di avvicinare il leader dei The Black a Dante Alighieri che, così come il rocker abruzzese, non restò indifferente al fascino di questi esseri mostruosi. Medusa, quella artisticamente più famosa, anche per via del quadro del Caravaggio presente agli Uffizi di Firenze, campeggia in copertina, ovviamente con un dipinto a firma Marius Donati.    

Quattordici sono i pezzi che costituiscono Gorgoni, per un totale davvero ragguardevole di musica griffata “Il Nero”: ben un’ora e venti minuti scarsi, a testimonianza del fatto che anche Donati, noto per essere bipede poco – per usare un eufemismo… – incline alle regole dettate giocoforza dallo show biz ci ha “dato dentro”, mettendo in un solo disco una quantità di materiale che negli anni Ottanta ne copriva tranquillamente due…

All’interno dell’album del 2010, a oggi il penultimo della discografia, si respira un’aria di novità, benefica. Il suono dei The Black risulta possente, diretto e violento. Il drummer Gianluca Bracciale dimostra la propria consapevolezza acquisita a suon di mazzate, Nicolini è il solito martello implacabile e financo l’interpretazione vocale di Marius in latino acquisisce freschezza, pareggiando il conto con le mazzate a destra e manca che dispensa senza economia alcuna per il tramite della sei corde. La produzione, finalmente all’altezza della fama e della storia del combo abruzzese, rende giustizia a “un mazzo tanto” che affonda il proprio cammino sin dagli anni Settanta. L’affascinante ancorché retrò profumo di cantina, ossia la modalità gentile che si utilizza per raccontare che la soddisfazione alle casse poi langue, in quest’occasione è sostituita da una bella “botta” d’Acciaio in mezzo alle gengive disponibile per chi si pone all’ascolto. Funzionalità che The Black si meritava da tempo immemore, invero…

Gli alfieri di questo sound feroce, maturo e focalizzato rispondono ai nomi di “Monstrum” – per lo scriba uno fra i brani meglio riusciti di sempre, che con “Medusa” e “Perseus” va a costituire un filotto di pezzi killer. Altra citazione eccellente per la traccia numero otto, “Obscuritas“.

L’approccio fottutamente heavy metal, la produzione al passo con i tempi e il fatto di portare immantinente le stimmate del Dark d’antan fa e fece di Gorgoni l’album più rappresentativo di una lunghissima milizia al servizio della siderurgia applicata alla musica, che non accenna a placarsi…

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

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