Recensione: Out of the Fire

Francesco Marras è ormai riconosciuto come uno dei nomi più quotati nel panorama italiano della sei corde. Un talento indiscusso, che lo ha portato a intraprendere una serie infinita di collaborazioni, italiane ed estere. Certo, è inutile negare come il suo nome sia salito prepotentemente alla ribalta nel 2020, grazie all’ingresso nei leggendari Tygers of Pan Tang. Marras si è così ritrovato a vivere un momento carico di soddisfazioni e di impegni asfissianti, che non gli hanno però impedito di lavorare al terzo disco solista, “Out of the Fire”, che ci troviamo a curare in queste righe.
“Out of the Fire” può essere descritto come il prodotto di una one man band. Sì, perché Francesco, salvo qualche importante ospite di cui parleremo a breve, decide di fare tutto da sé, dando libero sfogo alla propria visione artistica. Lo ritroviamo quindi in veste di compositore, chitarrista, bassista, cantante, fonico e programmatore di drum machine. Un artista a tutto tondo, insomma. Ad accompagnarlo in questa avventura incontriamo poi cantanti del calibro di David Readman, Iacopo Meille, Daniele Ledda e Gianni Pontillo. “Out of the Fire”, insomma, si presenta come un lavoro dal grandissimo potenziale, che non vediamo l’ora di scoprire.
Cosa aspettarci, quindi, da “Out of the Fire”? È sufficiente iniziare l’ascolto dell’album per trovare una risposta esaustiva a questa domanda. ‘Carnival of Dasrkness’, infatti, opening track di “Out of the Fire”, mette subito le cose in chiaro. Il terzo disco solista di Marras si rivela un lavoro di heavy metal di classe, un platter che strizza con decisione l’occhio a un certo modo di intendere la musica dura, proprio degli anni Ottanta e Novanta. Per certi aspetti, “Out of the Fire” può essere ritenuto un autentico omaggio a quel filone artistico, a quel periodo magico che tante soddisfazioni ha regalato a noi appassionati. Ci troviamo quindi al cospetto di un lavoro elegante e ricercato, in cui le chitarre fanno la voce grossa.
In fase di songwriting, Marras pone particolare attenzione alla melodia e gli arrangiamenti risultano raffinati, curati in ogni dettaglio. Canzoni come la già citata ‘Carnival of Darkness’, o la pomposa ‘Soldiers of the Light’ – con quel basso martellante, che richiama alla mente i Bon Jovi dei bei tempi, e un ritornello trascinante, che si fa cantare già al primo ascolto – sono solo due esempi della classe e della qualità che possiamo respirare in “Out of the Fire”. E come non citare la splendida ‘Lost Souls’, interpretata magistralmente da un superlativo David Readman. “Out of the Fire”, insomma, è un lavoro capace di regalare grandi emozioni. Da sottolineare, poi, che sebbene sia il disco solista di un chitarrista, l’album risulta appetibile a una platea ben più ampia dei soli virtuosi dello strumento. Certo, Marras si ritaglia gli spazi per sfoggiare la propria classe, ma l’album è molto di più di una semplice esibizione di destrezza. Sì, perché “Out of the Fire” mette in luce tutta la passione di Marras per la musica dura. Grazie a delle composizioni che si rifanno al periodo glorioso del genere a noi caro, è come se il chitarrista sardo volesse mantenere viva l’essenza, la sacra fiamma del metallo pesante.
“Out of the Fire”, insomma, è un lavoro che saprà regalare più di qualche emozione. Certo, è un album pensato per gli estimatori di un certo modo di intendere l’heavy metal, ma di qualità ce n’è davvero tanta. Ecco, se proprio volessimo cercare il classico pelo nell’uovo, dovremmo soffermarci sulla prova al microfono dello stesso Marras. “Out of the Fire”, infatti, avrebbe potuto essere ancora più avvincente se in ogni traccia avessimo trovato un cantante di ruolo. Sia ben chiaro: il chitarrista sardo regala un’ottima prestazione vocale ma le sue parti, per quanto ben eseguite, non possono certo essere paragonate all’espressività e all’interpretazione di talenti come David Readman, Daniele Ledda e Iacopo Meille. Un peccato veniale, che di sicuro non va a svalutare le qualità di “Out of the Fire”, un album che consigliamo caldamente. La speranza è di poter ascoltare queste canzoni nella dimensione live, dove potrebbero acquisire ulteriore fascino. Ottimo lavoro, Francesco. Avanti così!
Marco Donè