Recensione: Doctrine of the End

Di Andrea Bacigalupo - 26 Luglio 2025 - 14:29
Doctrine of the End
Etichetta: Autoprodotto
Genere: Thrash 
Anno: 2025
Nazione:
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82

Dire che siamo stati noi a scoprire i sardi Burning Leather sarebbe arrogante, ma che li conosciamo fin dal loro esordio e che da allora li seguiamo con interesse invece è vero.

Li abbiamo trovati grazie alla curiosità che scatena internet, ascoltando quasi per caso sul tubo il loro primo album omonimo del 2021, un bel concentrato di velocità e ferocia, abrasivo dall’inizio alla fine e che già ne individuava il buon potenziale.

Poi un cambio netto di formazione, dell’originaria lineup rimane solo Mario Spano (Voce e chitarra) ed il trio diventa un quartetto, un po’ come i Kreator ed i Destruction nel 1987.

Però i Burning Leather sono in linea più con il Thrash Bay Area che non con quello Teutonico: nel 2024 esce ‘New Worl Order’, un album aggressivo che sa di Metallica e Megadeth e che mette in luce tutta la crescita della band, dal piano stilistico a quello compositivo, nonché una certa “mania” perfezionistica per i dettagli.

La lineup cambia ancora: il N. 4 diventa nuovamente un N. 3, con sempre Mario Spano inossidabile frontman, ancora Daniele Murro alla batteria ed il subentro di Mario Corrias ad imbracciare il basso e si moltiplicano pure i live come, ad esempio, la partecipazione al Rock ‘N’ Beer di Valledoria, edizione 2024 con gli Stratovarius come Headliner e l’apertura per gli Onslaught.

C’è anche il nuovo album, autoprodotto e disponibile dal 26 luglio 2025: ‘Doctrine of the End’, il terzo, quello che, per definizione, traccia una linea netta sul percorso dell’artista, come sa bene chi ha ascoltato per la prima volta ‘Master of Puppets’, ‘Reign in Blood’ e ‘Among the Living’.

Continuando la metafora con la viabilità, la band resta sempre sulla strada segnata con ‘New Worl Order’, distaccandosi però dalle linee tracciate dal rosso più incazzato del Metal e lasciandosi maggiormente influenzare dai quattro cavalieri, periodo “… And Justice for All”.

L’influenza, nella realtà, e bella marcata: ritmiche, modo di comporre, anche l’inflessione della voce sofferentemente aggressiva … tutto ricorda James Hetfield and Friends, in certi momenti anche troppo.

A parte questo, ‘Doctrine of the End’ è un ottimo Album, di quelli con la “A” maiuscola. I Burning Leather sono indubbiamente cresciuti sia sul lato tecnico che su quello compositivo. Mediamente le canzoni si allungano, anche di parecchio (con la punta massima rappresentata dagli 8,21 minuti della strumentale ‘Ember’, contro i 4,51 minuti di ‘Poisonous Love’ dal precedente lavoro) e c’è molta attenzione per i cambi di scena e per ogni particolarità.

Nulla è lasciato al caso, le canzoni sono strutturate per colpire duro in ogni loro momento: rabbia, sofferenza, sensazioni di oscurità e solitudine si manifestano da tutti i solchi.

È un Thrash fatto di tecnica e con poco istinto, però c’è tanto cuore, lo si percepisce nello scorrere del disco: questi ragazzi vogliono uscire, lasciare un segno indelebile.

Diciamo che ci riescono, mettendo assieme 8 pezzi dal carattere esplosivo e sovversivo tra i quali spiccano ‘The Enemy Within’, che apre le danze furiosamente, con la sua velocità e l’atmosfera rovente che riesce a creare, ‘Church of Lies’, un’ostinata marcia d’assalto di oltre 7 minuti spedita ed irruente che subisce mille trasformazioni per dissolversi lasciando il posto ad un lungo e malinconico arpeggio acustico. Segue ‘Horrors Of War: No Heroes Here’, anch’essa lunga, dalla ritmica serrata e senza respiro, esasperante nel suo evolversi e nel descrivere la tragedia del combattente di prima linea: non ci sono eroi qui, solo morti.

Asylum (Verrückt)’ descrive i sentimenti di un folle rinchiuso in manicomio cercando di entrare nella sua mente: una sofferenza affannosa esplode, trasformandosi progressivamente in una rabbia incredibile che poi, una volta sfogata, torna a placarsi. Il brano sa parecchio di ‘One’, ma va bene così, riesce parecchio a coinvolgere.

Infine, viene fuori ‘Destruction of Posers’, prepotente ed indomabile, un bridge cadenzato che è una giostra ed un assalto di batteria che travolge. Il testo qui sembra un po’ infantile ma nella realtà è una metafora di quello che sono i Burning Leather: tre ragazzi che non li ferma nessuno.

La strumentale già citata ‘Ember’ è messa alla fine, semplicemente bella nel suo incedere vario ed incisivo.

Tirando le somme, si apprezza tantissimo l’impegno nel voler costruire un album dai toni forti e chiari, di voler comporre canzoni varie, non scontate, complicate nel loro evolversi ma non stucchevoli o ridondanti. ‘Doctrine of the End’ è un album potente, di vero Thrash Metal che scorre senza annoiare mai, prodotto da una band che sa il fatto suo. Dal primo album ad oggi la maturazione è stata esponenziale e ci sono tutti i presupposti per cui questa escalation continui.

C’è solo un ma! A parere di chi scrive, nel futuro la personalità del trio deve emergere di più, se vogliono lasciare un vero segno devono distinguersi. Senza altri giri di parole l’influenza dei Metallica in questo disco si percepisce troppo.

Va bene così, l’alta qualità rende tutto perdonabile. Aspettiamo il prossimo lavoro, però.

Doctrine of the End’ è stato prodotto da Daniele Murru e Mario Spano, è stato mixato da Daniele Murru e masterizzato da Lucho Motalli presso gli Escape of Frequencies Studios in Argentina.

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