Recensione: Before Our Eyes

Gli Alliance sono un supergruppo (come si diceva anticamente), costituito dal chitarrista Gary Pihl (Boston), dal batterista David Lauser (Sammy Hagar Band) e dal bassista Robert Berry. Quest’ultimo, in particolare, dopo gli esordi con gli Hush, aveva incontrato la maggior fama con i 3 insieme a Emerson e Palmer (una reincarnazione senza Lake degli ELP, dallo stile forte della lezione degli Asia) con all’attivo un eccellente album. Negli ultimi anni, poi, ha portato avanti progetti molto interessanti e di alta qualità come i 3.2 (la legacy dei 3) e Six By Six, in chiave progressiva.
L’alleanza dei tre musicisti aveva esordito discograficamente nel lontano 1996 con l’opera prima “Bond Of Union”, alla quale sono seguiti altri lavori diluiti negli anni, dediti ad un rock melodico pieno di affluenze da parte dell’AOR e qualche spunto prog, fino ad arrivare all’ultimo “Fire And Grace”, risalente al 2018.
Dopo tutti questi anni, per la prima volta gli Alliance si affacciano alla label per cui incidono proprio i 3.2, la Frontiers, tornando a farsi avanti con il nuovo “Before Our Eyes” che, lo diciamo subito, si palesa come uno dei più ispirati della loro discografia.
Alcune tracce accendono subito l’attenzione dell’ascoltatore palesandosi tra i più scintillanti del lotto: Too Many People, ad esempio, dai riff e dal drumming squadrati ed energici e dall’andamento carico di spavalderia e di un chorus orecchiabile, e Good Life, dal melodic hard rock giocoforza solare e melodico in cui spicca anche il lavoro della pregiata accoppiata di basso e batteria.
Ancora, ci piacciono assai Can’t Stop Messin’, un rock guizzante e grintoso e dal fiero cipiglio hard, e Nothing Will Make You Change, incalzante, dai riff circolari e dagli assoli quasi fusion.
Dallo stile molto diverso, ma altrettanto avvincente, è Tonight, un pezzo di classica american music ora lenta ora cadenzata con tastiere/fiati a dare un certo specifico carattere.
Proprio un certo taglio roots caratterizza qui altre pregevoli composizioni degli Alliance. Pensiamo a 100 Sad Goodbyes (con le sue chitarre acustiche ed elettriche e la sua intensa emotività), A Bone To Chew On (midtempo hard-blues), Face Of Justice (energica e in crescendo, che parte con chitarre acustiche e procede in chiave hard per chiudere con assolone della sei-corde), la semi-ballad Joan Of Arc e lo scorticato hard’n’roll Right.
Con “Before Our Eyes”, in buona sostanza, gli Alliance firmano uno degli album di maggior valore e feeling della loro carriera come band. Un disco al quale, per comodità classificatoria, poniamo l’etichetta “melodic rock”, ma che in realtà propone un rock senza tempo e senza marchi di particolare appartenenza, testimone di un amore appassionato per la musica di qualità. Le canzoni varie e articolate, il canto preciso e intenso, le gradevoli melodie e il lavoro spontaneo e brioso degli strumenti impreziosiscono vieppiù un album di musica vera, di ”musica suonata” (come dice un mio amico), come si usava anticamente.
Francesco Maraglino